giovedì 7 aprile 2011

uno statuto a base 6

Che momento storico. Si riscrivono gli statuti dell'Università. Non si conta nulla come al solito ma almeno ci fanno sapere che si fa.

Bisogna dire che qua si vede la differenza tra due diverse generazioni di persone. I professori ordinari sono tutti preoccupati di non perdere potere. Ogni singola frase viene soppesata affinché i rapporti di forza esistenti non vengano messi in discussione.

D'altro canto noi "giovani" (si fa per dire...) saremmo interessati a costruire un sistema che funzioni, agile, snello, senza troppe sovrastrutture autoreferenziali. Ed invece la cosa più interessante è proprio la rappresentanza negli organi collegiali.

La mia università ha sei facoltà. Queste dovrebbero sparire, secondo la riforma, o trasformarsi in qualche modo. E siccome nessuno vuole perdere potere ecco che la base 6 è il pilastro su cui si costruisce. Organi collegiali ove i rappresentanti siano sempre in multipli di 6. Al solito cambiare tutto per non cambiare nulla.

Osservo questa discussione e penso ingenuamente come sia ristretta la loro mentalità. La maggior parte dei professori è piuttosto anziana, tra pochi anni saranno in pensione. Dunque loro sì possono permettersi di essere coraggiosi, di rifondare una Università su delle basi solidi, svincolate da logiche di piccolo interesse di bottega. Non hanno nulla da perdere. Ed invece no, si comportano come fossero eterni. Perciò non è importante se una norma è buona o no, ma se lede i loro interessi, anche se loro stessi tra pochissimo non ci saranno a difenderli. Hanno avuto tutto, prestigio, fama, denaro.

Hanno lasciato qualcosa? Questo poteva essere il loro testamento. E si comportano come quei vecchi avari e biliosi che fanno vivere i loro figli nell'indigenza per portarsi nella tomba i loro denari.

Hanno trovato una Università rispettata e apprezzata, efficiente e all'avanguardia. Come la lasciano? Come un cumulo di rovine, povera, indebitata, spaventata per il suo futuro. Certo la colpa è anche dei politici, tra cui molti sono docenti universitari, ma di certo è anche e sopratutto loro. Che hanno sempre pensato, tranne poche eccezioni, a mungere la mucca, piuttosto che a procurargli un pascolo verde.


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