sabato 21 maggio 2022

Presidente, posso scattarle una foto?

Apro una scatola ed esce una foto di Pertini. Ma non una delle tante foto del presidente, ma la foto che ho scattato io 40 anni fa. Insieme riaffiora il ricordo della giornata. 

Era un pomeriggio soleggiato sul monte Pana, sulle Dolomiti in Val Gardena. Io ero impegnato in un severo percorso di minigolf con il babbo, quando all'improvviso un elicottero dei carabinieri si avvicina e atterra proprio nel prato antistante l'albergo che gestiva il minigolf. 

E chi scende? Un grande amante della montagna, il presidente Sandro Pertini. Lasciate le mazze da minigolf corriamo come tutti per vederlo da vicino. 

Ma ovviamente è assolutamente impossibile avvicinarsi perchè ci sono dei carabinieri in borghese che proteggono la privacy e la sicurezza del nostro capo dello stato. 

Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione.

Chiedo a mio padre la sua Kodak Instamatic 133 (che ho conservato per inciso), una macchinetta economica assolutamente monolitica. Quindi approfittando del fatto che le guardie avevano appena fermato un ragazzo che si stava avvicinando al tavolo di Pertini, e probabilmente del fatto che fossi un mingherlino dodicenne che forse non avrebbe rappresentato un grande pericolo, arrivo fino a lui. 

Allungo la mano e dico qualcosa, non ricordo esattamente cosa, ma di entusiastico, come sono io, come sono sempre stato. Non mi sono mai piaciuti i tiepidi. Qualcosa tipo "Presidente lei è una cannonata". E senza soluzione di continuità subito dopo: "le posso scattare una foto?".

La sua risposta però la ricordo benissimo, affettuosa, paterna, generosa: "Fai, Fai pure caro". Come si vede dalla foto si mette anche in posa. Saluto e scappo via. 

Ovviamente per i miei genitori è stato un problema convincere un ragazzino piccolo a lavarsi la mano che aveva stretto quella del presidente, un ragazzino che volava sopra una nuvola e ripeteva: "ho dato la mano al presidente, ho dato la mano al presidente". Alla fine ho dovuto capitolare, ma credo sia stato il giorno dopo. 

La grande sorpresa è stato vedere la foto sviluppata. Le foto allora non erano gran cosa, soprattutto con questi mezzi. Ed invece, con grande sorpresa di tutti, era venuta una foto decente. 

Oggi che la riguardo vedo un uomo gentile, che amava moltissimo i giovani, e che aveva avuto la carineria di regalarmi un sorriso e un ricordo così. 

domenica 8 maggio 2022

Merci Gilles

 Sono passati 40 anni dall'incidente di Zolder. Ci sono giorni della vita in cui ricordi tutto, anche dopo tanti anni. Ricordi cosa facevi e dove stavi. Momenti cristallizzati da un evento. 

Ricordo quel sabato pomeriggio e la notizia della morte di Villeneuve, le immagini strazianti della sua Ferrari distrutta, del suo corpo schizzato via sulle reti di protezione. Incidente che allora con quelle macchine fu mortale, ma uno molto simile nel 2010 a Mark Webber nell'European Grand Prix fu praticamente senza conseguenze. 

Se seguo la Formula 1, se amo la Formula 1, se sono un grande tifoso della Ferrari lo devo a lui. Ero bambino e vedevo questo signore dall'aria schiva, timido, piccolo nel suo 1.68 di statura eppure così incredibilmente coraggioso, ardimentoso, senza paura. Penso che per un bambino piccolo le paure siano il nemico più grande da affrontare, e lui era il campione dei senza paura. 

L'alettone rotto in Canada nel 1981 che gli ostruiva la visuale sotto la pioggia e che non gli impedì di arrivare terzo, l'assurdo giro su tre ruote in Olanda nel 1979, e soprattutto l'incredibile duello con Arnoux a Digione nello stesso anno, sono stati tutti eventi che ci hanno portato ad amarlo. 

Tra parentesi oggi duelli del genere sono rari, visto che c'è una certa tendenza a buttarsi fuori, tipo Prost su Senna a Suzuka 1989, Senna su Prost, sempre Suzuka ma nel 1990, Schumacher quando tentò a Jerez nel 1997 di fare fuori Jaques Villeneuve, ma anche in tempi più recenti il duello tra Hamilton e Verstappen con alcuni contatti oltre il limite, forse uno dei più pericolosi a Monza nel 2021. 

Non era un calcolatore come un Lauda o un Prost, non avrebbe mai vinto mondiali come Senna o Schumacher, ma era vero, era adrenalina pura. 

Come Marylin non è mai invecchiato ed è entrato nella legenda. Sulla pista del Gran Premio del Canada c'è scritto "Salut Gilles", sarebbero stato meglio se ci fosse stato "Merci Gilles".

venerdì 4 marzo 2022

La scienza è un ponte non un muro

 Si moltiplicano in questi giorni le dichiarazioni delle agenzie nazionali, enti di ricerca, università, ministeri, sulla sospensione, revoca o arresto dei programmi di ricerca congiunti con istituti e scienziati russi. 

Facciamo chiarezza. Trovo l'invasione della Ucraina una cosa atroce, trovo Putin uno spietato dittatore e che questa guerra sia ingiustificata e ingiustificabile. Non c'è dubbio che lui sia responsabile di crimini contro l'umanità. E temo che il peggio debba ancora venire.

Però. Nel 1919 il Consiglio Internazionale delle Ricerche (appena nato) decise di escludere gli scienziati tedeschi e austriaci dalle proprie commissioni e riunioni e progetti. Negli anni '20 la sensibilità di questo gesto controproducente fu messa in discussione in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e nel 1926 il Consiglio fu convinto a riaprire le porte ai tedeschi che, feriti dal precedente attacco, non accettarono l'invito, mentre la Germania divenne ancora più nazionalista e isolazionista. (Fonte: Philip Ball "Serving the Reich: The Struggle for the Soul of Physics under Hitler").


The Synchrotron Light for Experimental Science and Applications in the Middle East (SESAME) ha come membri fondatori paesi tipo: Giordania, Bahrain, Cipro, Egitto, Iran, Israele, Pakistan, Autorità Palestinese e Turchia. 

Alcuni di loro hanno pessime relazioni diplomatiche e di tanto in tanto combattono. Eppure là collaborano sempre tutti insieme.

La scienza è un ponte, non un muro. 

L'esclusione degli scienziati russi, e più in generale della cultura russa, non è la risposta giusta secondo me.

I giovani ricercatori russi vengono in Europa e sperimentano la libertà di parola e di informazione. Se vogliamo che la Russia cambi da regime tirannico a regime democratico, dobbiamo collaborare, scambiare persone, dobbiamo aiutare a gettare i semi della democrazia usando la scienza e la cultura.

Includere, non escludere dovrebbe essere il nostro obiettivo.

domenica 30 gennaio 2022

Gli occhi degli altri

Sono rimasto molto colpito dalla storia del fotografo svizzero  René Robert, 85 anni, deceduto per ipotermia in una strada centrale di Parigi, dopo che era stato colpito da un malore e che per nove ore era rimasto sul marciapiede, senza che nessuno si accorgesse che era solo una persona che aveva avuto un problema. 

Questo capita perché nel nostro mondo e nella nostra cultura è stato abolito il concetto di essere umano. Non si è una persona, si è un migrante, non si è un uomo a terra, si è un clochard. 

E' l'avere spinto ai suoi limiti l'etica calvinista, in cui quanto si possiede è frutto della benevolenza di Dio, e chi non possiede,  è colpevole del suo destino. Sei straniero perché pezzente, se fossi ricco saresti sempre il benvenuto.

Questo è scambiare il ruolo per la persona. C'è una certa deferenza innata che viene dai soldi, dalla posizione, dal lavoro che si svolge. Ma non tiene conto di altri parametri fondamentali. 

Se uno dice che fa l'operatore ecologico poggia senza dubbio peggio di ingegnere. Eppure non ci dovrebbe essere una connotazione morale nel lavoro. Chi me lo dice che un avvocato è una persona migliore, più buona, più utile alla società, di un operaio? 

Il bidello in una scuola può essere ugualmente utile e importante di un professore. E in ultima analisi, come andrebbe avanti il nostro mondo se non vi fossero persone che fanno quei lavori che si chiamano di servizio? Devo moltissimo a coloro che hanno il banco al mercato e si svegliano in piena notte per permettermi di avere della frutta e della verdura fresca di qualità. 

Lo stesso atteggiamento prevenuto lo teniamo verso i giovani. Noi vediamo quello che sono, non ciò che potrebbero essere. E' ovvio che nell'istante in cui sono giovani hanno tanto da imparare, da sperimentare, da sbagliare. Ma ci dimentichiamo che sono anche cellule staminali che possono poi crescere e diventare delle persone in gamba, che rendano questo mondo migliore e che superino quei pregiudizi che la nostra generazione non è stata in grado di abbattere. 

Se guardiamo il mondo con gli occhiali della presunzione, misurando le persone secondo un metro del successo o del denaro, avremo creato albergo nel nostro animo per il peggiore dei nemici dell'umanità: l'indifferenza. 


domenica 9 gennaio 2022

L'opinione

Vedendo il film don't look up possono sorgere molte osservazioni, sul ruolo della scienza e dello scienziato per esempio.

La cosa che mi ha colpito però di più è il fatto che lo scienziato è percepito come un pericoloso radicale. Questa parola da noi non ha la stessa valenza di clava con cui alcuni la usano negli Stati Uniti, sebbene non manchino degli emuli di certi discutibili comportamenti.

Radicale è usato in modo dispregiativo, una persona dalle convinzioni così forti da non essere democratica, da volere imporre a tutti il suo punto di vista. 
Ora c'è poco da fare, la scienza tende ad essere radicale, ci sono fatti più che opinioni. 
Il fatto che la terra non sia piatta, che siamo andati sulla luna, che c'è una pandemia, e che il riscaldamento globale di questi anni sia di natura antropica sono fatti. 

Di fronte ai fatti della scienza vengano opposte le opinioni dei singoli, come se i fatti della scienza fossero una prevaricazione di tali opinioni. 

Ma il paradosso è che la nostra opinione non esiste. E' basata sui canali di informazione, sempre più social, compresi i motori di ricerca. Per i loro algoritmi, tesi a venderci più pubblicità possibile, non fanno altro che mostrarci quello che meglio aderisce al nostro pregiudizio. Dunque la nostra opinione non è una sintesi di varie voci, ma il suono di una sola corda. 

L'altra cosa paradossale delle opinioni è che oggi non esistono nemmeno i movimenti di opinione. Non ci sono più le grandi manifestazioni a difesa degli ideali, e chi scende in piazza è sempre in numero esiguo, confrontato con quelli di una ventina di anni fa. 
Sparite le ideologie, venute meno le battaglie civili, alla politica è stato delegato il presente piuttosto che il futuro, in una logica da amministratore di condominio piuttosto che da statista. 

In questo contesto, dove anche il parlamento appare svuotato, tra chi governa con tutti i partiti meno uno e chi trovandolo obsoleto voleva aprirlo come una scatoletta di tonno, dove perfino le opinioni dei nostri rappresentati sono tenute in poco conto, è ancora più incredibile che il rispetto, anzi la salvaguardia della opinione del singolo, non motivata da uno studio serio, basata su informazioni il più delle volte errate, nata dalla pancia più che dalla mente, sia usata per limitare la scienza, con la complice negligenza della politica. 

Bisogna dare voce alle opinioni di tutti, è il mantra che si sente. E non è paradossale che viene detto nel momento storico in cui le opinioni dei popoli contano quasi zero, in un mondo che considera la democrazia rappresentativa un impiccio e l'esercizio del potere un affare ristretto? Chapeau    


sabato 1 gennaio 2022

Il club esclusivo

Sono stato recentemente in una commissione dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per assegnare delle borse a persone straniere. Le domande vengono principalmente da paesi più disagiati del nostro.

Se ci sono anche degli spagnoli e dei polacchi, la maggior parte arrivano dall'India, dalla Cina, da paesi asiatici come Afghanistan o Kazakhistan, dal Bangladesh. E poi ci sono anche quelle che giungono dall'Africa. 

Quale è la logica di questi contratti? Tipicamente sono persone che vengono da noi per imparare, prestano la loro opera al servizio di qualche esperimento e normalmente poi tornano o al loro paese o continuano a saltare di posizione in posizione, e di paese in paese, finché non ne trovano una stabile. 

Si tratta di un concorso per soli titoli e dunque avere pubblicazioni, essere stato invitato a presentare i propri risultati ad una conferenza, poter produrre delle lettere di raccomandazione scritte da scienziati ben conosciuti è sicuramente vincente. 

Ed è a questo punto che mi sono imbattuto in alcuni casi particolari, soprattutto di provenienza africana. 
Si tratta di giovani che hanno studiato fisica e che per mancanza di mezzi non sono mai usciti dal loro paese. Dunque non hanno un background di partecipazione a conferenze. 

Non hanno accesso normalmente alle riviste scientifiche, molte sono a pagamento. Non hanno scambi con l'esterno e dunque le lettere che producono sono quelle dei loro insegnanti. 

Non hanno speranze di vincere una posizione. Eppure leggendo le loro lettere motivazionali ci si rende conto che se per molti una esperienza da noi sarebbe importante per la loro carriera, per questi sarebbe importante per la loro vita. 

Parlano dell'esperienza che avrebbero come del loro sogno. Si tratta di ragazzi (ahimè non registro ragazze da quel continente) per cui vedere da vicino e lavorare in un grande laboratorio occidentale sarebbe qualcosa di incredibile. 

E mi rendo conto che appartengo ad un club esclusivo. Il club dei nati bene. Il club di quelli che si alzano in una parte del mondo e possono vantare di studiare in luoghi prestigiosi, di pubblicare su riviste molto conosciute, di viaggiare per conferenze, esperimenti e laboratori. 

E la tessera del club ben difficilmente viene rilasciata a questi giovani. La loro formazione è scarsa, non hanno mezzi per migliorarla, non hanno occasioni di incontro. E non le avranno perché ovviamente esistono altri giovani più qualificati di loro, che avranno quelle posizioni a cui anche loro concorrono.  

Sembra la storia del primo impiego, vogliono qualcuno con esperienza, ma se tutti non la hanno? 

E' un cane che si morde la coda. Vogliamo che quel continente si sviluppi perchè siamo infastiditi dai barconi che scaricano disperati sulle nostre coste. Ma se non spezziamo la catena più forte, quella dell'ignoranza e se la scienza e la tecnologia non sono usate da volano per uno sviluppo di quel continente, non ci sarà mai un vero sviluppo e sarà sempre e solo sussistenza.