giovedì 14 aprile 2011

tre anni


E’ il 17 aprile 2008. Il tempo è grigio, piove. Guardo fuori della finestra e non vedo l’ora di uscire. Sono nervoso e emozionato. Nella concitazione dimenticherò di mettermi la cinta dei pantaloni e rimarrò tutto il giorno con i calzoni che calano. E’ il giorno tanto atteso. Da oggi sarò ricercatore universitario.
La notte è stata lunga. Ricordi, immagini e persone hanno affollato la mia mente. Rivedo il primo viaggio ad Amburgo per la mia tesi di laurea, la neve cadere pigra all’ingresso del Fermilab in Illinois, i volti dei compagni di corso della scuola di Oxford, la volta che rimasi chiuso nel tunnel sottoterra alla Sincrotrone Trieste, la mia prima conferenza importante a Vienna e poi Edimburgo, Lucerna, Stanford, Amburgo, Torino, Padova, Genova, Berlino, Venezia e il mio primo invited talk.

- Ci attendiamo molto da lei – mi ha detto il preside, stretta di mano veramente accademica e incontro molto coinvolgente, durata 30 secondi. Sono soddisfazioni !

Sono passati tre anni, il mio periodo di prova. Inizia ora la lunga trafila per essere confermato in ruolo. Quale lavoro ha tre anni di prova mi chiedo, dopo una gavetta così lunga? Cosa è cambiato in questi tre anni? Molte cose. Cominciato da cosa non è cambiato. La visione della fisica per esempio. Per me la fisica è la risposta alla domanda più fondamentale che si fa ogni ragazzino di fronte a qualunque oggetto: come funziona?  La mia idea era ed è quella di potere aggiungere un contributo, anche piccolo, ma mio. Non ho mai avuto la perversione di pensare di potere comprendere la mente di Dio come crede Hawking. No, la mia è sempre stata una visione di servizio, aggiungere il mio mattone al sapere, lasciare una piccolissima traccia del mio passaggio. Come dice Salvini non è tanto importante capire tutto ma capire che c’è qualcosa che vale la pena di capire.

Molte cose sono invece cambiate. 

Anzitutto sono entrato in un mondo, quello universitario, del quale ero rimasto sempre ai bordi. Nel buio della notte che ho incontrato salvo due cose solamente, gli studenti e i colleghi. 
Gli studenti perchè sono molto meglio di quello che si possa immaginare. Questa generazione cresciuta con il PC e il cellulare è piena di gente in gamba, di ragazzi svegli certo più di noi. Ahimè più disincantati, meno passionali, più razionali. Ma in qualche modo loro conservano ancora una certa verginità intellettuale, non sono ancora compromessi con quanto di più deteriore vi è oggi nel paese. Trovo che imparo più io da loro che il viceversa e che siano la componente migliore di tutta l'Università e forse anche della società.

I colleghi ricercatori sono stati una scoperta. Ho avuto modo di conoscerne diversi e apprezzarli moltissimo, per la loro dedizione, per i loro ideali e l'umanità. Sono persone nelle quali è vivo l'interesse per l'Università e la società, per ciò che puoi dare e non per quello che devi ricevere. Io non sono mai appartenuto a nulla, mai avuta una tessera di un partito, ne' di un club. Perfino nel lavoro, spendo la maggior parte del tempo ai laboratori di Frascati, eppure non vi appartengo, non ho un gruppo all'Università, ne' un docente di riferimento. Mi sento uno spirito libero, ma delle volte un pò solitario. Eppure con loro sento una comunione di intenti e di obiettivi che non mi era capitata prima. So che durerà poco, che tra poco si scanneranno per un posto di associato, poiché la legge cerca di metterci gli uni contro gli altri e ancora di più contro i giovani ricercatori. Mi godo il momento. 
Ma la cosa più importante di tutte è che è cambiata la prospettiva. Adesso non devo pensare a quando scadrà il mio contratto, ma a cosa fare per un certo esperimento, con la certezza che sarò là a farlo. E questo rende il lavoro più produttivo e la vita più felice.



Nessun commento:

Posta un commento