venerdì 8 ottobre 2021

Costo e valore della scienza

 E' sempre più frequente scambiare i valori per i costi. 

Oramai abbiamo accettato che la ricerca scientifica sia solo uno dei competitor per le risorse. E poiché bisogna dimostrare che i soldi vengano spesi bene, la prima domanda è sempre la stessa: quali sono le applicazioni di questa ricerca? 

Il nuovo premio Nobel Giorgio Parisi, a questa domanda ha risposto: "A dire la verità, al momento attuale non sono tanto appassionato dalle applicazioni, ma dalla fisica di base dei problemi a cui mi sono dedicato in questi decenni". 

In un articolo apparso sul corriere delle scienze del corriere della sera il 21 settembre 1982 (sì conservo giornali di quasi 40 anni fa), il prof. Alfonso Maria Liguori, ordinario di chimica fisica alla Sapienza diceva: "Un risultato di immenso valore conoscitivo può avere un valore del tutto trascurabile dal punto di vista tecnologico, mentre un dato scientifico anche banale può costituire lo spunto di importanti applicazioni". 

E poi faceva notare una cosa che trovo attualissima: "La ricerca scientifica viene finanziata in quanto e solo se produce ricchezza e valore aggiunto". 

E' inutile girarci intorno. E' così. Essendo un professore associato di Fisica Applicata non mi si potrà tacciare certo di un certo snobismo intellettuale a favore della ricerca di base. 

Ci ha fregato il pragmatismo. Abbiamo costruito un sistema della ricerca pubblica e di base che deve ricalcare quella industriale. Finanziamo i progetti che ci daranno un risultato a breve. Anzi, se non ci attendiamo un risultato a breve evitiamo proprio di dirlo, altrimenti ci seghiamo le gambe. 

In questa logica, applichiamo alla ricerca gli stessi standard di una azienda. Cerchiamo di aumentare la massa critica dei gruppi forti, a scapito delle nicchie. Solo se si cresce si è competitivi. Non sono un moderno anacoreta della ricerca che non si rende conto che vi è una logica in questo, e senza un po' di questo approccio non potremmo fare grandi progetti che coinvolgono molti scienziati, istituti e paesi diversi. 

Ma osservo che abbiamo accettato questo sistema come ineluttabile. Abbiamo accettato di partecipare al gioco della coperta corta, in cui le risorse se vengono date ad un settore sono tolte agli altri. 

Ed è qui che nasce il bias di fondo, in quanto la politica ha bisogno di ritorni veloci, la ricerca di tempi lunghi. Continuando così in questa ansia di attualismo, tra qualche decina di anni perfino il sistema del peer-review sarà considerato troppo lento ed obsoleto. 

La vera rivoluzione sarebbe crescere delle generazioni che capiscano il valore della ricerca scientifica e della conoscenza, tirare una linea ad una certa percentuale del PIL e tenerla sempre là, non andare mai sotto, non tornare mai indietro, valutare le ricerche per la conoscenza che offrono e non solo per l'applicazione che prefigurano. Quella potrebbe venire fuori dopo tempi lunghi e in modo assolutamente inatteso. 

Se certe ricerche non vengono finanziate dal pubblico, chi potrà mai farlo? Sarà un caso ma 50 anni fa andavamo sulla luna e da New York a Parigi in 4 ore. Oggi al massimo siamo sulla stazione spaziale e ci vogliono 8 ore per la stessa tratta. Certo telefoniamo dal bagno...è un progresso!