domenica 22 giugno 2014

Smetto quando voglio

Ho finalmente visto un film molto apprezzato da amici e colleghi, Smetto quando voglio. Il sottotitolo potrebbe essere meglio ricercati che ricercatori!

Una narrazione agile e veloce, molte battute, ma anche un pò di amarezza. E' la storia di diversi ricercatori universitari precari, costretti a fare lavori umili in un paese che non apprezza. Si mettono in testa di produrre una droga sintetica, con una molecola nuova e dunque in principio legale.


A parte il film in se stesso che è molto gradevole, lo spaccato della società che ne esce è finanche più decadente della grande bellezza, il film di Sorrentino premio oscar.

I giovani sono una manica di debosciati che si impasticcano in discoteca, i professori universitari sono dei parassiti che vivacchiano sulle spalle dei loro sottoposti e l'unica cosa che cercano è una visibilità politica. La società stessa non vuole laureati nemmeno quando si propongono per semplici mansioni.

Ridendo castigat mores siamo d'accordo, ma quello che c'è sotto è drammaticamente vero. Lo iato generazionale tra chi è sempre stato in cattedra per meriti tutti da verificare oggi e la base di chi spinge invece la carrozza e a cui viene chiesto di fare ricerca, didattica, di attrarre finanziamenti e di pubblicare i propri risultati su riviste importanti è enorme. Da un ricercatore oggi si pretende ciò che non faceva un professore ordinario 20 anni fa.

Meccanismo questo che non si potrà mai spezzare fintanto che il sistema rimane autoreferenziale. Quelli che non accettano la palude emigrano, raccolgono grandi soddisfazioni ma forse conservano in un angolo qualcosa. Può essere nostalgia come risentimento.

Non vorrei che qualcuno pensasse che sono manicheo. Ce ne sono di professori meritevoli nell'Università e ne conosco, ma anche molti che non sono così. La rendita è una casa troppo piacevole per abbandonarla.

E come il protagonista del film in realtà non può smettere quando vuole, questa zavorra rimane sul nostro groppone, chiudendo l'accesso alla carriera ai giovani che meritano. Questa situazione è il cancro più profondo che mina la nostra società. Perchè se non coltivi una classe dirigente poi non ti puoi aspettare che una volta arrivata al potere manifesti una competenza che non ha.


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