Il mare è bello e stare
in un hotel a 5 stelle davanti al bagnasciuga, con tanto di spiaggia attrezzata
è fantastico. Certo sarà spersonalizzante andare in un albergo mastodontico ma è comodo assai. Siccome però le conferenze finisco abbiamo deciso di
passare qualche giorno extra a Culebra, piccola e rinomata isoletta vicino a
Portorico. Ti accorgi che qualcosa non va in questo paese, che aspira ad essere
il 51-esimo degli Stati Uniti perché non riesci a capire come andare lì.
Il
traghetto c’è poche volte al giorno, i biglietti non si possono comperare prima
e puoi stare anche ore e ore sotto il sole a fare la fila per imbarcati. E non
è detto che ci riesci. Senza contare che il sole a 20 gradi di latitudine dall'equatore non è gentile come da noi. Opti dunque per l’aereo e ti imbarchi in una
compagnia aerea che ha un sito web aggiornato al 2011 e che scrive le carte di
imbarco a mano. E’ tutto molto familiare ma approssimativo, come i suoi aerei.
Dopo un volo meraviglioso arrivi sull'isola e sei nel mezzo del nulla. In
teoria ci dovrebbero essere i taxi ma non ne vedi. Provi a chiamare i vari
numeri e nessuno risponde. Il Venerdì santo è tutto chiuso e pure una
bottiglietta d’acqua è una impresa.
Ora io dico possibile che ne’ in albergo,
ne’ l’ufficio del turismo, ne’ chi noleggia auto ci abbia detto nulla? Il
turista porta soldi, ma non deve recare anche rogne e fatiche. E’ un popolo che
non si sforza non si stanca, non si stressa. La pulizia è un optional. Passi per
il cuoco rasta, per la sabbia nella stanza, per le cucine che chiedono uno
sgrassatore, per le condizioni igieniche manifestatamene carenti, ma un
avventore con uno scarafaggio addosso nel ristorante non lo avevo mai visto!
Insomma stupende le spiagge, bellissimo il mare, ma ragazzi datevi da fare, qua
sembra una bidonville. Potreste avere un giardino e invece…
Su un chiosco c’è scritto
“Open some days, closed others”. Direi che rispecchia la filosofia dell’isola.
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