mercoledì 25 gennaio 2012

La sfiga di chiamarsi Martone

Elogio della sobrietà: chi non si laurea entro i 28 anni è uno sfigato. Concetto lapalissiano rozzamente espresso che si fonda su un dato di fatto: le aziende valutano moltissimo il tempo che i giovani impiegano per laurearsi.
Dunque un titolo di studio tardivo è spesso visto come inutile.

Ora da qui si potrebbe partire a fare qualche riflessione su come (non) funziona l'università, sulla carenza della scuola superiore e le lacune che i giovani non hanno colmato quando vi escono, sull'indole un pò rinunciataria di alcuni.

Invece mi vorrei concentrare sulla credibilità. Contrariamente a quanto detto stamani da un mio stimato collega non è vero che se una verità viene detta anche dal più infimo dei delinquenti questa non abbia meno forza. E' proprio così invece. Che credibilità ha un ladro che parla di onestà, o un politico corrotto di etica?
Chi è Martone?

E' uno dei tanti figli di padre illustre in questo paese. E sopratutto un genio si capisce. Pensate a 26 anni era ricercatore di ruolo (roba che neanche un premio Nobel in Italia), a 27 professore associato e dulcis in fundo a 29 professore ordinario! Il tutto avendo alle spalle un curriculum discutibilissimo. Ma si sa le amicizie contano tanto nell'ambiente accademico.

Adesso ha 37 anni e effettivamente ha messo insieme un bel pò di articoli da pubblicista su testate importanti, incarichi di rilievo anche in sede comunitaria. Ma è semplice così, se sei arrivato al top della carriera a 29 anni, puoi dedicarti completamente a vivere da protagonista.

E lui lo ha potuto fare non per i suoi meriti o non solo per quelli ma perché ha avuto tutte porte aperte, piani inclinati in discesa, perché non si è mai sudato nulla. Non ha fatto la gavetta, non è stato un fante nella trincea, non si è schizzato la giubba di fango. No, lui è arrivato subito nella cabina di comando.

E' alla stregua di un ricco aristocratico dell'ottocento che si trova tutto pronto e critica la working class, non capendola, non sapendo nemmeno di che parla.

Il tono è tutto. La fastidiosa saccenza che quella parola sfigato tradisce non fa che indebolire una osservazione (ovvia) che se contestualizzata in modo diverso poteva anche essere spunto di riflessione.

La sfiga di chiamarsi Martone.

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