mercoledì 21 dicembre 2011

Ricomincio da 100

Sono 100

Questo è il mio centesimo post. Mi ha sorpreso di avere avuto ben 3000 visite, circa 30 al giorno.
Ho iniziato circa un anno fa il 18 dicembre. Sono quasi due post a settimana in media. In realtà le ragioni che mi hanno portato a scrivere non le ho mai veramente esplorate. Direi che per me è come un diario, una memoria collettiva, una banca dati per conservare pezzi e appunti della mia vita

Marco Aurelio ha scritto "A se' stesso". In fin dei conti questo blog è un pò un diario a me stesso. Ora io non sono Marco Aurelio ma lui non aveva internet. La libertà della rete è potere condividere. E forse è questa la ragione per cui ho iniziato a scrivere. Non perché senta che abbia qualcosa da dire, ma perché sento che nessuno mi ascolta. Non me in particolare si intende. Mi pare che io sia parte di una società invisibile.

Quando ero precario mi sentivo esattamente invisibile. Solo recentemente la piaga del precariato, la mancanza di certezze nel futuro, sono diventati argomenti di conversazione. Non perché si faccia qualcosa, ma almeno se ne parla. E' come quando arrivò la perestroika in Russia. La gente diceva che non era cambiato nulla, ma almeno si poteva lamentare.

Eppure anche oggi passo da una invisibilità ad un'altra. Chi sono i ricercatori in questo paese? Sono un sottoproletariato intellettuale. Sono gli operai della cultura. Sono i supplenti della società, che fanno al tempo stesso due lavori, ricerca e didattica, essendo pagati (e male!) per uno solo. Sono quelli che devono reggere il sistema, la cerniera da un lato tra il livello dei professori che sono lontani dalla realtà come i nostri politici. Tutti intenti a pensare ai propri benefici, o al loro orto. Incapaci di avere una visione del bene globale, di vivere la loro professione come un servizio e non come un privilegio. E dall'altro i dottorandi, i laureandi e gli studenti. Sono quelli in prima linea, sempre. Perché conoscono i problemi del lavorare quotidiano in queste condizioni e con questi mezzi.

Eppure sono anche quelli che non hanno perso la speranza di cambiare questo paese, che ancora credono che anche attraverso il proprio lavoro si può fare un mondo migliore.

Ecco forse ho iniziato a scrivere questo blog perché sento che il paese ci ignora. Si riempie la bocca dell'importanza della ricerca ma poi alla fine non si strugge se piove nei locali dell'Università.

E' passato un anno da quando ho iniziato. Tutto sommato per me è stata una buona stagione, sono soddisfatto di questo 2011. Eppure quello che manca, oggi ancora di più che nel dicembre 2010 è la fiducia nel futuro. La crisi economica, la batosta della finanziaria, i conti pagati dai soliti noti. Almeno finora. Ma più in generale il senso che non esiste più una terra promessa, nessuno è esente dal contagio. Tutto sembra essere una spesa da tagliare.

E nessuno si ricorda invece che sebbene tutto abbia un costo non tutto ha un prezzo: le soddisfazioni, la nostra integrità, i nostri affetti. Per il nuovo anno ricominciamo da qui. 

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