sabato 4 giugno 2011

Tienanmen

Ventidue anni fa finiva il sogno della primavera cinese.


Ero nell'ultimo anno di liceo, gli ultimi giorni di scuola. Pensavamo alla maturità. Era un pò di tempo che vedevamo con molta simpatia questi ragazzi cinesi. Avevano la nostra età  o qualche hanno di più.
Pensavamo che si era ad una svolta storica anche per il comunismo cinese.

All'improvviso la svolta, i carri armati sui ragazzi inermi e indifesi. Avevano issato una piccola statua della libertà, perché qualunque cosa si pensi quello è il simbolo della libertà. Il luogo porta del nuovo mondo, per milioni di persone senza presente. Il paese nel quale ogni cosa è possibile, dalla notte del Maccartismo alla presidenza di un nero figlio di un immigrato. La statua fu la prima cosa abbattuta. Poi i carri armati passarono sui corpi inermi degli studenti universitari. Allora si disse che ci furono 4000 morti. Tutti giovani. E chi non morì lì quel giorno fu condannato a morte, un colpo di pistola al capo e il costo del bossolo addebitato alla famiglia.
Quel giorno è ancora nel mio cuore, come il dolore e lo strazio per quei giovani che chiedevano solo libertà e democrazia.

Tutti indignati ma nessuna reazione. La cina è un mercato incredibile e nessuno si sogna di interrompere le relazioni per una questione di diritti umani, figuriamoci...robetta.

Ricordo qual era la preoccupazione in quei giorni in Italia. C'erano le elezioni europee. Il partito comunista non fu penalizzato dagli eventi cinesi. Perché questo era il problema, per il PCI smarcarsi dalla tragedia e per gli altri etichettarlo a colpevole.

Ci sono vari luoghi nella terra attraverso i quali passa la pace e il progresso. Tienanmen è tra questi.  La Cina non sarà mai una nazione civile se non farà i conti con questo passato.

Erano giovani e forti e sono morti...

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