giovedì 10 febbraio 2011

Le foibe e l'ultimo confine di europa

Ho scritto questa nota dopo il mio ultimo viaggio a Trieste in estate. Nella giornata di oggi mi pare molto attuale.


Quando vengo da queste parti mi sento un pò triste. Avverto questa tristezza nella gente, sopratutto di una certa età, nelle pietre dure del carso, negli spigoli vivi della roccia aspra.

Qui a 2 Km c’è la foiba di Basovizza, non tanto distante c’è il sacrario di Redipuglia. Lì riposano centomila morti della grande guerra. Centomila.


E’ forse uno dei luoghi più tristi ove sia mai stato. Sono andato anche al cimitero americano di Nettuno o quello in Normandia. Ma Redipuglia è un’altra cosa. E’ immenso, è monumentale, è un lato di una montagna adibito a tomba. C’è una atmosfera irreale. Tutta la popolazione di Udine troverebbe posto qui sotto. Le dimensioni ti atteriscono, le date di morte ti angosciano. I due terzi sono morti senza nome, polvere di una generazione spazzata via per pochi chilometri di terra. Qui hanno combattuto e sono morti, rapiti dalla loro giovane età senza una ragione, senza un perchè. 


Il mondo è cambiato, i confini sono caduti, ma ce ne sono altri, quelli che sono dentro di noi che ancora resistono. La comunità slovena di Trieste non si sposa con Italiani e viceversa. Le scuole slovene non ti vogliono se parli italiano.



Mi diceva un signore anziano al supermarket “mio cugino era un prefetto ma non è mai potuto venire a Trieste, era nato a Zara” sottintendendo che nessuno si sarebbe fidato della sua imparzialità. “Abbiamo perso delle terre bellissime, l’Istria e la Dalmazia erano stupende”. 


Forse i giovani non lo sanno, non sanno che a Gorizia il muro è caduto dopo quello di Berlino, che la città ha subito la stessa sorte della più famosa capitale tedesca. Forse i giovani non sanno che i coetanei sloveni fino a non tanti anni fa non potevano parlare sloveno in pubblico a Trieste perchè venivano picchiati da estremisti di destra. Forse i giovani non sanno che non si può sapere quanti sono i cadaveri che sono stati infoibati a Basovizza.


Vedo la durezza del posto nei volti segnati delle persone, gente che è nata su un confine e si è ritrovata in una guerra che non era sua.
Mia nonna era friulana. Avverto nelle parole che ascolto una cadenza conosciuta. Ma non mi posso riconoscere. Credo che nessuno che non sia nato e vissuto qua possa veramente capire questo popolo.


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