venerdì 22 novembre 2013

Il mondo senza i Kennedy

Da bambino tanti anni fa aprendo i Quindici trovai la storia dell'omicidio di JFK. Era triste, un presidente giovane, a capo della più forte nazione del mondo, l'uomo più potente. Negli anni la storia di quella famiglia, che un americano un giorno me la definì come i reali a stelle e strisce, mi ha sempre interessato. Ho letto libri su di loro, ne ho regalati.

E' una storia in cui c'è tutto, la bellezza, la giovinezza, la sfrontatezza, le scappatelle con Marylin, la grande carica di idealità degli anni 60, una morte violenta e misteriosa, il senso di una opera incompiuta.  Una storia che passa attraverso discorsi leggendari tipo "non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi ma cosa voi potete fare per l'America", oppure "la libertà è un bene indivisibile. Se solo una persona non è libera noi non siamo veramente liberi". 


Nel mio immaginario i due fratelli Kennedy, John e Bob, sono in realtà due sfaccettature della stessa medaglia. Sono lo spostamento di una frontiera, l'inizio della corsa alla Luna, della distensione, la lotta per i diritti civili. Sono persone che si sono circondate delle migliori professionalità, non cercando yes-man o cortigiani, ma menti pensanti, anche critiche verso di loro.

Osservo con tristezza che le tre grandi figure di statisti del dopoguerra che hanno veramente cercato di cambiare il mondo, riprogrammandolo su basi diverse (chi non conosce il discorso sul PIL di Bob Kennedy?), ovvero i loro e Olof Palme, il padre della socialdemocrazia svedese, sono stati tutti assassinati in circostanze poche chiare.

Basterebbe questo per essere un pò pessimisti. Ma ciò che è ancora più grave è che a loro eredità è andata dispersa. Obama sicuramente incarna il Kennedy del ventunesimo secolo. Eppure le sue politiche sono osteggiate, la sua leadership in discussione. Quotidianamente assistiamo allo scempio di qualunque stato sociale che si era faticosamente costruito in passato in virtù di un ideale solo, che ha sostituito i valori più elementari: il mercato.

Per un pareggio di bilancio affamiamo i popoli, per dare a pochi togliamo a molti. Il problema non è la morte di Kennedy, ma la scomparsa di quello spirito che guardava al futuro con ottimismo, che alzando gli occhi alla Luna diceva: noi andremo lì. E' la scomparsa di ciò che c'è più bello nell'uomo, la tendenza al progresso, al cambiamento, alla ricerca.

Sono passati 50 anni e il mondo è profondamente cambiato: in peggio!

2 commenti:

  1. Non mi ritengo un marxista, ma ho scoperto che la storiografia marxista effettivamente spiega molto bene la Storia. In particolare, usando quell'approccio, si riesce a dare un'interpretazione di quanto accaduto a partire dagli anni 80, il lento ed inesorabile degrado delle condizioni di vita nei paesi "industrializzati". La comprensione dà speranza, perché insegna quale sia la strada che si dovrebbe intraprendere per provare a recuperare condizioni migliori. (Ri)Leggiamoci Hobsbawm e magari aggiungiamoci un poco di Bagnai, per le questioni tecniche. Così, almeno, saremo consapevoli di perché siamo la prima generazione che ha aspettative peggiori di quella dei propri genitori.

    RispondiElimina